lunedì 29 agosto 2011

Please TOUCH! Vita di una trottola.

Ero in Irlanda, anche qui, ma questo post non riguarda l'Irlanda.
Era un centro di sviluppo delle arti e dell'artigianato, a Kilkenny, e questo invito a non lasciare inermi questi oggetti nati per esser fatti roteare, era lì, discreto e solitario, lasciato alla scia del caso e dei tragitti degli avventori.

E' un po' controtendenza. "Please, touch" concede un'apertura e un patto di fiducia, e un assunto che non può essere contraddetto in nessun modo: "Che esiste a fare, questa cosa, se non può essere toccata?"

Fiducia significa responsabilità. Fi-darsi e essere abili nel rispondere a ciò che ci viene concesso gratuitamente, senza condizionali. Cioè, non è che c'era scritto "prego, toccare senza rompere", o, "usare nel modo corretto". L'oggetto era offerto alla libera sperimentazione della sua funzione e abilità, con tutti i rischi annessi e connessi al libero tocco: maldestrìa, incomprensione, scarso rispetto, o qualsiasi dinamica incidentale.

Eppure, un campo aperto alla potenzialità del qualsiasi, anche dell'errore, concede un così ampio respiro che ti viene da comprare l'etichetta, più che la trottolina di legno. Perché io con la trottolina ci posso giocare, vero, ma con "please touch" ci posso respirare, posso sentirmi libera di fare, degna di fiducia, libera anche di sbagliare.

E noi, poi, che ci stiamo a fare se non ci facciamo toccare? Si indossano tante armature per cosa? E poi, tanto, siamo noi i primi a volere che qualcuno ci sperimenti, scopra le nostre funzionalità e limiti, capisca con noi quanti versi abbiamo per "trottolare". Che ci si faccia funzionare.
Non siamo certo soprammobili destinati a stare da una parte a prender polvere, non noi.
Quindi, avanti, "please, touch!"... fateci trottolare.

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