giovedì 29 settembre 2011

Beato Me


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Alcuni testi di Giuseppe Dente, mi fanno veramente impazzire. 

Sono amari, ma vengono comunque sollevati da questa vena d'ironia che poi ti fa pensare: "Massì, tutto va bene anche così". Non si nega il senso di mancanza, ma viene sempre volto al senso pieno delle cose... come soffiare nei palloncini... c'è solo aria dentro, ma gonfi sono sempre più belli. E il fiato dentro è sempre quello che c'hai messo tu.
E rivoltare le faccende per trovare il lato pieno, il buchetto da cui soffiare le cose sgonfie (a meno che non siano anche bucate) è un'attività in cui mi ritrovo affine, anche se sto imparando che forse le cose esangui, ogni tanto, vanno anche semplicemente osservate mentre se ne vanno. O mentre tornano in vita. Chi lo sa. Stare ferma, insomma. Lasciare fare al respiro del mondo.

Però poi, in effetti, Beata me.
Vado in confusione con qualche contrattempo, qualche frizione di vita, però poi mi ritrovo ad una cena con due persone che per me valgono oro, e questo basta per farmi sentire felice, piena, completa.
Sono fortunata, questo è innegabile.
Felice come i bambini a Natale, piena di regali.
Grata, direi.
Grata.

lunedì 26 settembre 2011

Rompere bicchieri

"Allora liberai una delle mie mani, presi un bicchiere e lo spostai sul bordo del tavolo.
– Cadrà – disse lui.
– Proprio così. Voglio che tu lo faccia cadere.
– Rompere un bicchiere?
Sì, rompere un bicchiere. Un gesto apparentemente semplice, ma che implicava certi terrori che non riusciremo mai a comprendere bene. Cosa c’è di sbagliato nel rompere un bicchiere di poco valore – quando a tutti è capitato di farlo nella vita?
– Rompere un bicchiere? – ripetè lui. – Perché?
– Potrei darti varie spiegazioni – risposi. - Ma, in realtà, è solo per romperlo.
– Per te?
– Ovviamente no.
Guardava il bicchiere di vetro sul bordo del tavolo – preoccupato che cadesse.
“È un rito di passaggio, come dici anche tu”, mi venne voglia di dirgli. “È ciò che è proibito. I bicchieri non si rompono di proposito. Quando entriamo in un ristorante, o anche quando siamo a casa, stiamo attenti a che i bicchieri non finiscano sul bordo del tavolo. Il nostro universo esige da noi che si faccia attenzione a che i bicchieri non cadano a terra.
Eppure - continuai a pensare - se involontariamente li rompiamo, ci accorgiamo che non era poi così tanto grave. Il cameriere dice “non ha importanza”, e a me non è mai capitato di vedere che un bicchiere rotto venisse incluso nel conto di un ristorante. Rompere bicchieri fa parte della vita, e non causiamo alcun danno a noi, al ristorante, o al prossimo.
Diedi uno spinta al tavolo. Il bicchiere ondeggiò, ma non cadde.
– Attenzione! – esclamò lui, istintivamente.
– Rompi il bicchiere – insistetti.
Rompi questo bicchiere, pensavo fra me e me, perché è un gesto simbolico. Cerca di capire che io, dentro di me, ho rotto cose ben più importanti di un bicchiere, e ne sono felice. Pensa alla tua lotta interiore e rompi questo bicchiere.
Perché i nostri genitori ci hanno insegnato a fare attenzione con i bicchieri, e con i corpi. Ci hanno insegnato che le passioni dell’infanzia sono impossibili, che non si devono allontanare gli uomini dal sacerdozio, che gli uomini non fanno miracoli, e che nessuno parte per un viaggio senza conoscere la meta.
Rompi questo bicchiere, ti prego – e liberaci da tutti questi maledetti concetti, da questa mania che tutto si deve spiegare e che si deve fare solo quello che gli altri approvano.
– Rompi questo bicchiere – lo pregai ancora una volta.
Fissò i suoi occhi nei miei. Poi, lentamente, fece scivolare la mano sul ripiano del tavolo, fino a sfiorare il bicchiere. Con un movimento rapido, lo fece cadere a terra.
Il rumore del vetro che andava in frantumi attirò l’attenzione di tutti. Invece di dissimulare il gesto con una richiesta di scuse, lui mi guardava sorridendo – e io ricambiavo il suo sorriso.
– Non ha importanza – esclamò il giovane che serviva ai tavoli."


Paulo Cohelo, "Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto"


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Ho sempre tenuto in grande considerazione questo passo.
Lo lessi 7 /8 (Mah... per me le date sono sempre un dilemma...) anni fa, allora per me fu una rivelazione.
Tutto era di cristallo, intorno a me. Questo scritto innescò una reazione devastante di lucida e implacabile distruzione di bicchieri. Niente che non fosse quanto meno resistente sarebbe sopravvissuto.
Ho operato una strage consapevole di tutto quello che di instabile e sottile orpello mi legasse mani, gambe e azioni, impedendomi ogni cosa, costringendomi all'immobilità circostanziale.

E' rimasto poi in piedi ciò che doveva.
E nello spazio fatto ho incominciato finalmente a guardare verso le direzioni in cui volevo andare, e ci sono andata.

Adesso ho invece rotto degli equilibri con inconsapevolezza
e il senso di colpa è arrivato immediato.
Ma poi se fossero stati "equilibri", si sarebbero spezzati con tanta fretta?

A volte capitano cose che proprio non t'aspettavi, e tutta l'immagine del tuo mondo cambia.
Nell'assoluto caos di questo periodo,
credo che dovrò riordinare il piano bar.

venerdì 23 settembre 2011

Saturno contro tutti.

Beh insomma, questa è una settimana che lascia un po' perplessi tutti.
Cioè, io allargo la cerchia perché, a parlarne, chi mi risponde mi risponde, mi descrive strane apocalissi cosmiche al lato della propria strada, così, che ci inciampi sopra, neanche te ne accorgi e bam, stai per terra tutto arrotolato e non te n'eri manco accorto.
Ci dev'essere proprio una strana energia astrale del disturbo... ho sentito qualcuno parlare di pioggia di meteoriti... sarà quello? Gli UFO arrivano a civilizzarci? O solo ad usarci come Tamagochi?
Mi piacerebbe fare la lista degli accaduti ma ogni giorno ne sono venute fuori così tante che non saprei da dove cominciare. Fattostà che oggi ho pure risposto brusca a mio padre e ci siamo rimasti visibilmente male entrambi, che non ci siamo più abituati. Mi toccherà fargli una buona cena, per farmi perdonare.

E pure l'umore mi cambia come niente. Cataloghiamolo anche come sindrome premestruale, però... ci mancava veramente solo quella...! Dalla calma zen alla lacrimuccia con musetto in mezzo secondo... no Pà, gli sfasamenti ormonali non ti fanno bene.

La cosa divertente è che il bilancio delle cose è anche positivo. Cioè... come percorso ad ostacoli è andato mica male. Al massimo qualche penalità, ma sono rimasta in groppa con una certa capacità di manovra. Solo che è venerdì e sono stravolta, e se domani non dovessi ancora lavorare, partirei per una piccola meta isolata e sparirei da questa piccola faccia di terra fino a lunedì.

Meteoriti, Saturno o Strega delle Lande, non vi temo. Però c'ho bisogno di un riposino.


Comunque, come dice Perelun,
"L'autunno non poteva che iniziare così"

giovedì 22 settembre 2011

Casa


Parola dal potere evocativo devastante.
Rifletterci su.
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"Vieni a casa" è la cosa più bella ed emozionante che, in un momento della mia vita, mi sono sentita dire. E l'avevo dimenticato.
"Casa" è dove ti senti al sicuro.

lunedì 19 settembre 2011

Per fare tutto ci vuole un fiore


Ricordo che quando ho visto questa roccia, una pietra considerata sacra, in Irlanda, ho provato un senso di pace. 
Sarà che la sua collocazione, in un minuscolo piazzale a cui s'accede dall'interno di un parco naturale, con fiori coloratissimi attorno e alberi dal verde accecante che la proteggono, ti da proprio un senso di serena pacatezza, di immobile tempo, o, a dirsivoglia, di lentissimo e innocuo scorrere delle cose, al cospetto di una pietra incisa più di mille anni prima, e rimasta li apposta per farti meravigliare della sua longeva resistenza.

Su questa pietra verticale è inciso, in scrittura Oghamica, il nome di un leggendario condottiero irlandese. E' tutto quello di cui l'apparato informativo turistico ti istruisce, il resto è suggestione.

E io a suggestione non scherzo.

Ho pur intravisto i segni oghamici nella roccia, ma non l'ho trovati tanto interessanti quanto la presenza di fiori adagiati alla base di questa pietra verticale. Magari l'avevano lasciati altri turisti, magari bimbi, ma la mia natura rivolta sempre alla lettura del mistico mi ha suggerito un'idea diversa, quale fosse un dono di persone che coltivassero un culto particolare per quella roccia, così antica e così maestosa, portatrice di un messaggio nei secoli.

Nelle pieghe della pietra era stata infilata questa margherita, ancora fresca.
Ho immaginato ce l'avessero spinta dentro con le dita, una deduzione semplice.

Eppure, evitando letture logiche,
quest'immagine mi ha portato proprio a pensare un'altra dimensione,
fatta di peso e leggerezza,
durezza e gentilezza,
grigiore e colore,
matericità e morbidezza,
antichità e giovinezza,
malinconia e splendore.

La margherita, con la sua delicatezza,
stava riuscendo a spaccare la roccia.

Perché per fare tutto
ci vuole un fiore.

sabato 17 settembre 2011

Esteticamente

Più cresco e più riconosco in me una tendenza terribilmente estetica al vivere le cose.

Sarà anche che una giornata passata per 14 ore in una saletta antepalco di un auditorium (praticamente come essere nascosti in una cripta), può rendere emozionabile chiunque a qualsiasi elemento esterno, ma il piacere che ieri sera ho provato nel godermi uno spettacolo di artisti circensi in una piazza gustandomi varie annate di Valpolicella Superiore, è indescrivibile.

Aria, musica, gusto e suggestione visiva. E io ero in pace.

sabato 10 settembre 2011

Cambio di vista


"Perdono"
=
"Per" "Dono"


a) Il Perdono, concessione di magnanimità, per la gente bene quasi un dovere, per la civiltà un atteggiamento di progresso e di redenzione, mai senza avere qualcosa indietro, mai.

Il Perdono, che pone sempre 
qualcuno sopra - chi perdona - 
e qualcuno sotto - chi viene perdonato.

b) "Per""Dono". Non ti concedo, ma ti "dono" me stessa nonostante il torto, l'orgoglio, la ferita, l'offesa. Se mi hai sovrastato ferendomi, e ti sei posto sopra di me, io ristabilisco l'equilibrio, riprendendomi il mio posto,

accanto al tuo - non sopra, nè sotto -, 
e porgendoti la mano. 

Ti lascio anche la libertà, come in ogni dono è prevista, di accettare o rifiutare. 
- O ancora, di farmi di nuovo del male. -

Cambio di vista.

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(ma quanto mi sto ri-citando?)

venerdì 9 settembre 2011

"La bellezza ci salverà"

Sottotitolo: "Chi pensa male, avvelena anche te"

"
Ti racconto una storia.
Avevo deciso di cominciare il Cammino da Pamplona, storica città della Navarra, ansioso di ripercorrere, anche se soltanto per poco tempo, gli entusiasmi e gli stupori di uno scrittore a me caro, Hemingway, strettamente legato alle sensazioni antiche evocate dalla Plaza del Castillo ed eternamente emozionato dai festeggiamenti di San Firmino. Ho nutrito la mia fantasia per una notte intera, passeggiando per i vicoli della città, in mano una cerveza, immaginando tori inseguire folle di persone e fiumi di Tempranillo scorrere ovunque ai lati delle strade.
All'indomani ho cominciato a pedalare, di mattina presto, e (come sai) dopo pochi chilometri, ho forato la ruota anteriore della mia bicicletta.
Mi trovavo in un borgo appena fuori pamplona, 20 minuti di bici, almeno un'ora a piedi.
Mi sono reso conto della foratura appena fuori una Farmacia.
Entro dentro a chiedere notizie di un meccanico nei paraggi.
Mi accoglie un uomo piuttosto alto, in camice bianco, dall'aria insofferente.
Alla mia domanda formulata in uno spagnolo improvvisato lui risponde con scontrosità, sostenendo che nei paraggi non avrei trovato alcun meccanico ne qualcuno in grado di aiutarmi. Egli suggeriva di tornare indietro a Pamplona, spingendo la bici, e chiedere aiuto in città.
Esco dalla farmacia, privato di ogni speranza di risolvere il problema in tempi brevi.
Oggi rifletto su quanto l'influenza negativa di alcune persone possa compromettere l'attività di pensiero.
In ogni caso, comincio a spingere la bicicletta, in direzione Pamplona.
Poco dopo, incontro per strada un pellegrino italiano.
Prova a confortarmi con una battuta, vedendomi visibilmente spossato per l'imprevisto, che stavo affrontando con evidente impaccio.
Gli racconto di aver provato a chiedere aiuto, ma senza successo.
Riflettendo sulle dimensioni del Borgo, al pellegrino era sembrato strano che non ci fosse nessuno in grado di aiutarmi; mi suggerisce, dunque, di chiedere aiuto in un bar, poco piu giu lungo la strada che stavo percorrendo.
Sai, la vita mi ha dato un insegnamento sbagliato; risolvere i problemi da solo, senza chiedere aiuto mai.
Io sono il tipico maschio che non si ferma a chiedere indicazioni stradali quando si perde.
In quel momento, il mio animo era gia sconfitto, sapevo di dover tornare indietro a Pamplona, spingendo la bici, sotto il sole cocente e che non ci sarebbero state altre alternative.
Tuttavia, contravvenendo alla mia convinzione, mi fermo un momento in quel bar a chiedere aiuto.
Un ragazzo li mi ha indicato un negozio che vendeva biciclette, poco distante.
Raggiunto il negozio, il proprietario, Mr. Fernandez, mi ha sostituito entrambe le camere d'aria e i copertoni, con una gentilezza dimenticata ed una perizia degna degli artigiani di una volta.
Soddisfatto e felice, mi rimetto in sella e, poco dopo, ripasso davanti alla Farmacia.
Decido di entrare a dirne quattro al farmacista antipatico.
Entro e davanti a me si para una anziana signora in camice bianco, sorridente.
Le chiedo di chiamarmi il suo collega, quello che mi aveva fornito informazioni poco prima.
"Ragazzo" - mi risponde - "questa è la mia farmacia da 40 anni, e da 40 anni ci lavoro da sola, non c'è nessun altro qui"
"

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"Bene", pensavo oggi, rileggendo questo racconto, un racconto vero, di un viaggio importante, fatto in un momento importante della vita di una persona che è sicuramente in ricerca, e che ha voluto condividere con me questo suo frammento d'esperienza.
Perché poi non è che devi trovare tanti maestri che ti raccontino come vanno le cose, o credere in dottrine soprannaturali che ti insegnino qual'è il comportamento da seguire, per capire.

Ci sono cose che fanno bene e cose che fanno male. E un'energia esterna e un'energia interna.

Le cose che fanno male ti rendono debole, sempre.
La delusione di una situazione andata differentemente da come volevi nonostante tutti i tuoi sforzi, crea un difetto di sistema, nel panorama delle aspettative. Nessuno di noi si augura di avere contrattempi nella vita, ma siamo in un sistema dinamico, piccoli o grandi incidenti possono capitare, sono all'ordine del giorno. Poi ognuno ha la sua soglia di tolleranza, c'è chi ce l'ha alta e chi l'ha bassa. E quando questa soglia viene valicata, ecco che il nostro ordine personale salta, e noi con lui.
Allora il meccanismo di difesa più valido che interviene è quello della Legge di Murphy, ma senza autoironia.
Percepire il mondo come una dimensione di dolore e amarezza dove tutto tende ad andar peggio, e tutti gli altri sono nemici pronti a nuocerti e da cui difendersi, ti renderà fragile sempre. E convincerti di una prospettiva, generale o temporale, tendente neanche alla stasi, ma addirittura alla privazione, significa solo che ti sei concentrato su tutte le cose che ti hanno deluso solo per averne (l'apparente) controllo, ma non per imparare a superarle. E di vantaggio personale acquisti solo l'immobilità con cui di certo non accadrà nulla di negativo, forse, ma neanche niente di positivo, che possa mettere in dubbio la tua visione delle cose al riguardo.

Il meccanismo di difesa che porta al disfattismo, per cui non sei in grado di generare in te un pensiero che possa prevedere un miglioramento, è una perversione a cui nessuno dovrebbe sottostare.

E' una specie di reato contro se stessi.

E quando commetti un reato, sei colpevole. Quando lo fai con te stesso, sei spacciato.

Ci vuole forza per credere nei cambiamenti, ma la stessa crea un circolo virtuoso che te ne da altrettanta per renderli reali. E non serve a niente arrendersi al primo tentativo, perché molte potrebbero essere le disfatte. E tanto per ricordare tutto quello che c'è, ci mettiamo anche dentro regole di marketing che ti dicono "Quando una strada non porta risultati, cambia strategia". Non cambiare obiettivo. O perlomeno chiediti se quello è l'obiettivo giusto. Ma quando la meta sei tu, non puoi avere dubbi.

Me lo scrivo per me, e lo scrivo per chi c'è.
Perché ci vuole un po' di coraggio, e un pizzico di magia sempre in tasca - o nelle farmacie.

E lontani da me coloro che si autoinfliggono punizioni e per questo pensano di essere in diritto di infliggerne anche a me.

Benvenuto, nuovo. Benvenuta, bellezza.

mercoledì 7 settembre 2011

Quando le cose fanno male

.. è perché è finita la pelle a difesa del proprio nucleo, e la carne ormai è al vivo, al riparo da niente.
E la pelle te la sei strappata da sola, strato per strato, nel tentativo disperato di trattenere qualcosa che scivolava nel vuoto.

A volte sembra proprio necessario, perdere tutto. E le mani scorticate a ricordarti che tutta la tua forza non è bastata.

Bisognerebbe riconoscere la rovina e accettarne l'ineluttibilità da subito, ma qual'è il confine tra accettazione e arrendevolezza? E quando continuare a lottare è solo sintomo di stupidità invece che coraggio?

Ma insomma, alla fine ti trovi senza pelle e senza energie per difenderti da qualunque cosa, e tutto arreca dolore.
E allora ti toccherà accogliere anche quello, finché ti scivolerà addosso, o, trasformato, ti renderà nuova.


 

domenica 4 settembre 2011

L'indecenza dei No



Mia madre era una donna dolce e disponibile, non era facile che dicesse di no.
E per quanto quest'immagine ti rimanga piacevole e morbida, come una carezza, nella memoria - la memoria di una madre, come dovrebbe essere, come ce l'hanno insegnata - so che rimane uno dei più grandi tradimenti della mia educazione alla crescita.

Il No è indecente, è una cattiveria. Cosa ti costa? "Perché no?"
Cosa puoi fare per non dire un no, dicendo un si che a volte - a volte molte - è comunque un no a te stesso/a?

Eppure quell'espressione di mamma che, nonostante si facesse in quattro per soddisfare le richieste di tutti, rimaneva contenta e felice di aver accontentato, di essere stata utile, di aver agito per qualcuno, mi rimane nella testa come un autoritratto proattivo, una destinazione aspirata e disperata, una promessa di in/felicità.
Mi riconosco molte volte in un ricordo che sarò...

... ma di mia madre ricordo anche la disperazione quando la sua capacità di rendere felici gli altri non aveva più la stessa efficacia, perché la sua affinità con il mondo altrui si distanziava e lei non era in grado di comprendere perché. Quando le cercavo di far capire che si era talmente dedicata alla felicità altrui che era ora che tornasse alla sua, per avere il contatto con la realtà che le serviva. Perché bisogna partire da sé, per sapere dove arrivare, altrimenti non avrai le radici adatte a sostenerti nelle direzioni che indovini, o che vuoi percorrere.

Eppure di no te ne senti dire tanti, nella vita. E tanto ti sei impegnata a nascondere i tuoi nelle tasche, tanto più sentirai quanto pesano le chiusure degli altri. Allora impari a non chiedere.

E' difficile resistere all'educazione del "No al no".
Quant'era bella mia madre nella sua accoglienza?
E' alla bellezza che s'aspira, nell'esempio.
Ma quella bellezza ha avuto un prezzo difficile da pagare, che infatti è stato assolto nel peggiore dei modi.

Bisogna trovare la giusta distanza tra il proprio mondo e il mondo degli altri, per corrispondersi.
Bisogna ascoltarsi, rispettarsi. Sapere dove arrivano i propri limiti.
E non oltrepassarli se non quando si hanno gli strumenti adatti.
Essere buoni con se stessi, almeno quanto lo si è con gli altri.
Dire di sì anche a se stessi.