mercoledì 28 dicembre 2011

In un modo o nell'altro

Quest'insistente punta di insoddisfazione che continua a premere quest'anno
mi ha quasi rotto le palle.

E se dobbiamo poi continuare a nascondere speranze in allegorie che ci facciano almeno credere che se anche la forma non è un granché e il sapore nemmeno, prima o poi a forza di ingoiare arriva la marmellata, io mi sono stufata pure di quello.

Essere luminosi e sacri, questo chiedevo.
E gli esseri luminosi e sacri che vedo, vedo anche che come me si stanno arrotolando su se stessi per brillare un po' di meno, che a tutto 'sto buio danno fastidio.
Rivendico diritti brillanti e spogli - come gli alberi d'inverno - che sono morti solo per finta, e che non si vergognano delle loro cortecce.

Lo so, non mi riconosco.  Sono torbida come un pozzo di pece. Tra l'altro prendo fuoco facile come lei.

Ma almeno brillo.

lunedì 26 dicembre 2011

Anti Auguri

http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=4538

Bene Sig. Natale, visto che alla fine Lei non andava poi così bene, ho fatto in modo di andar peggio.
Esercitare una certa parte attiva per far andare peggio le cose che già andavano male, devo dire che mi ha regalato una emozione nuova e affatto scontata, di sbragare l'impianto natalizio dal puntale alla radice.

Guastare le feste guaste.


giovedì 22 dicembre 2011

"Conservo di nascosto sempre lo stesso smalto"

Anche la gentilezza ha il suo guscio impenetrabile.

E se la vita mi rende diversa, come accade, questo non vuol dire che io non stia aspettando il momento giusto per tornare me, o che semplicemente non stia valutando, momento per momento, quale è l'occasione migliore che si merita la me più vera.

E c'è tanto, c'è un mondo.

Tutto cambia e tutto mi sta cambiando.

E anche se sbuffando continuo a lamentarmi perché non è ancora questo, il momento, riguardo i miei passi e non posso lamentarmi né rammaricarmi delle cose che ho fatto.
Ho sempre dialogato bene con la mia coscienza. Un po' meno con i miei desideri.. ma quello è da imparare.

E quindi ci vorrebbe un pizzico in più di fortuna, tutto qui.

Perché io ci sono, ci sono tutta.
Sto solo "aspettando il momento per un migliore slancio".

venerdì 16 dicembre 2011

Indipendenze..

... giorni ... forse, solo momenti - benedetti.

In cui ti senti innamorata senza aver bisogno di sapere di chi.

Ogni tanto capita.

Dura, momento, dura.
Rimani un altro po' con me.

lunedì 12 dicembre 2011

... facciamo pace?

Penso d'aver divorziato con Natale, chissà quando...

Ma non era mia intenzione, sig. Natale... che semmai è Lei ad aver divorziato con me... ma dal momento che non mi sono pervenuti gli atti, forse non me ne sono accorta e così le cose sono andate un po' così, con inconsapevolezza.
E' che ogni anno ce n'é una o più d'una... alcune cose sono sempre le stesse, altre s'aggiungono, altre non ci sono più, per fortuna. Per lo meno per non dare sempre la responsabilità agli stessi, ogni tanto qualcuno cede il passo.
Insomma, se ci fosse modo di recuperare questo Nostro rapporto, in qualche modo, mi farebbe piacere saperlo. Che non ho niente contro di Lei, sa.. probabilmente ci siamo fraintesi.

Così, se Lei volesse... insomma, sarebbe gentile da parte sua, no?
Almeno farmi capire cosa c'è che non va.



Perfezione

Infiniti giri servono, e molto ancora non so.
Degli uomini e delle cose.
Ma mi perdo e mi ritrovo in altre dimensioni, raccolgo l'infinito a botte di limiti.

Voglio molto bene a questo mondo.

sabato 10 dicembre 2011

Chiaro di luna

... dopo la pioggia.

E poi ogni momento l'aria si prepara al momento prossimo, nuovo.

E quindi si fa pulizia, il ricordo non è celato in nessun respiro di questa notte, e solo le gocce raccolte in terra rispecchiano una certa atmosfera dell'appena accaduto, ma presto o tardi anche loro svaniranno in un sospiro.

E così si libera anche per me l'aria da questi polmoni.
Mi specchio nelle pozzanghere, e ancora il riflesso del mio accaduto non mi fa star quieta, eppure sono ad un attimo dalla liberazione.
Cosa mi tiene ancora legata ai miei ricordi?

Le cose cambiano velocemente, come l'umore del tempo.
Fare spazio al nuovo, fare spazio.
Accendersi la propria luna, e rivelarsi pronti al prossimo giorno. E a quello dopo ancora.

Tutto riparte sempre dalla notte.

lunedì 5 dicembre 2011

sabato 3 dicembre 2011

.. ritorno corto.

E comunque c'è una cosa che ancora m'infastidisce da morire.
Il pensiero che la mia immagine ti bastasse come Tutto, per amarmi.
Questa figurina che mi ritrovo appiccicata addosso, il volto, le mani, le labbra, il tono della pelle... che non è merito mio, che mi è capitata, e ti è capitata, ti bastava per farmi desiderare da te, e probabilmente, ti basta ancora.
E tutto il mio mondo, quello che sempre cerco di mettere di fronte a me e di fronte agli altri, il mio carattere, i miei interessi, le mie virtù e i miei difetti... quello che crea veramente il corpo di me... quello era secondario, sarebbe potuto essere un qualunque mondo, non avrebbe fatto differenza.
E infatti non l'ha fatta.
Io non l'ho fatta.

E quindi da subito ho avuto l'impressione che qualunque altro corpo con le mie fattezze (...e ce ne sono, ce ne sono!), avrebbe portato via quello sguardo che per me era fondamentale, vitale. E difatti così, in fin dei conti, è stato - com'era destinato ad essere.

E così di me non ti rimane niente. E a me di te nulla.


Luce e Aria

Una condizione di sostentamento con poco ossigeno crea sempre qualche problema.
Se l'aria è poca, poca sarà sempre anche la possibilità del pensiero di costruire in se stesso una soluzione di ampliamento e di spazio, in cui far stare comodo chi pensa e chi ragionerà con chi sta pensando.
Luce e aria sono il minimo a cui si deve aspirare. Ci tendono i rami degli alberi con intenzione e inclinazione, e c'è un motivo. Il sottobosco è più intenso ma rimane in basso, pieno di profumo e d'emozione. Ma questo non è tolto alle radici degli alberi che, con più possibilità, lasciano che il proprio fusto e le proprie braccia arrivino alla luce più calda e all'aria più leggera.

Eccola qui, la fotografia della migliore situazione. Tutta in-tensione verso luce e aria.
Me ne accorgo sempre quando sono schiacciata a terra.

"Il tuo spirito brilla... ogni tanto si fa buio... e lui brilla più forte."


Ma il Natalone è in arrivo, tanto per prendere una boccata d'aria.

martedì 22 novembre 2011

Imparare a rinunciare

E' da tanto che apprendo questa lezione.

La Vita è Maestra.

Incomincio a prenderci la mano.

lunedì 14 novembre 2011

Desideri

I tuoi desideri sono pericolosi.
Li usi come armi e li punti addosso alle persone quando non ti soddisfano.
Ma colpisci solo quelli a cui stai a cuore, sugli altri non hai potere.

Ho smesso di farti da premio, e da bersaglio.

Hai preso da me tutto quello che hai potuto/ ti ho dato tutto quello che ho potuto
poi hai distrutto il resto, anche le cose belle.


Impossibile rincontrarsi sulle macerie, neanche per una stretta di mano.
E' stato tolto il respiro anche ad un abbraccio.


sabato 12 novembre 2011

Bucato il vuoto



Uno dovrebbe cadere fin quando non si ritrova a testa in su.

E succede quando buca il vuoto.
Perché non c'è mai un fondo, a precipitare.
C'è solo un vuoto da bucare.
E io finalmente l'ho fatto.

E sono da un'altra parte, con un'altra me come ricompensa.

Mi sarebbe piaciuto finisse in un altro modo, questo si. Ma adesso non ha più importanza.
Non ha più importanza neanche il male che mi sono fatta fare.
Mi ero messa nelle mani sbagliate. Non erano le mie.


sabato 5 novembre 2011

Il tempo giusto

... allineato, a rimarcare un sintomo, una suggestione, un mancamento.
Perché quando è nuvoloso, lo stato di appannamento della luce riflette - si riflette - su un umore poco convinto che ogni tanto si può anche permettere di ripiegarsi su se stesso, e, in ginocchio, farsi un segno addosso in attesa di tornare ad essere ad un livello di percezione delle cose meno retrattile.

Lo so, ho mancato il mio giorno degli addii.

E finché non si è in grado di alzare il fazzoletto per aria e salutare, si subisce sempre la tristezza, lato opaco della malinconia, e si rimane ostaggio di un certo senso di mancanza.

Continuo a guardare le cose dall'altro lato di me.
Dal lato del vuoto dove io non esisto, ci credo che è vuoto.

E' di me che sento la mancanza. Mica di te.

martedì 1 novembre 2011

... eh?

... Ma poi che parlo a fare se le persone non credono a quello che dico?

Si vabbé, ma sai, la comunicazione non verbale, il non-detto, le sensazioni, le alterazioni e le distorsioni.

Si, vabbè.. ma se mi fai una domanda e non credi alla mia risposta perché una risposta te la sei già data, ed è comunque più vera della mia, tieniti pure la domanda. Mi togli anche la fatica di risponderti.

Dio, se esisti, mi incominci a mandare gente che mi ascolta piuttosto che persone che guardano solo il movimento delle labbra?


mercoledì 26 ottobre 2011

Chi inciampa fa passo doppio

E' una bella lettura, questa dell'inciampare.

Un atto casuale, una cianchetta del caso, e tu rotoli per terra inaspettatamente.

Eppure può essere un'occasione, un movimento casuale che raddoppia la tua velocità verso dove stavi andando, oppure cambiare la tua direzione, un consiglio dell'universo.
Ti costringe a fermarti, a cambiar passo, a guardare meglio dove metti i piedi.
Poi puoi rimanere per terra per un po', a vedere il mondo da un'altra prospettiva.
E poi, puoi rialzarti, e decidere dove proseguire.


martedì 11 ottobre 2011

... il senno del poi.



... lo sai che ti dico?

Che non è vero. 
Non mi fai paura. 
Mi faceva paura l'idea che potessi ancora ferirmi, solo con la tua presenza nel mondo.

E questo non succede più.
Almeno col tuo riflesso, io ho chiuso.
Le ombre le lascio a te.

domenica 9 ottobre 2011

Vento

Calate le vele... il Vento è tornato. 


Tornato con la voglia di muoversi. 

Tornato con l'anima che si era rubato. 

Tornato con la terra a cui porta. 


Nel Vento c'è tutto. 
Partenza, Viaggio ed Arrivo. 
E, come al solito, di nuovo Partenza. 

E se c'è qualcuno che si lascia incantare dai Sognatori di Navi, qui c'è una navigatrice che si lascia incantare dal Vento. 


Incantatori, incantatevi. E' tornato il Vento. 


E il profumo,                e il senso,            e il tocco,

e la musica del Vento. 

Dio se mi piace questa parola. 
Vento. 


Prendete lo stretto indispensabile, lasciate ciò che non vi piace, lasciate anche ciò che vorrete ritrovare, cambiato o immutato, al vostro ritorno. 
Se tornerete. 
Se non tornerete vuol dire che avrete trovato ciò che state cercando. 
O anche ciò che non state cercando. 
Inspirate bene, e catturate in Voi il Vento. 


Spiegate le Vele. 
Inspirate bene. 


Lo vedete l'Orizzonte? 
Si parte.

mercoledì 5 ottobre 2011

Prove di forza

... che poi ho fatto un viaggio nel buio, e ho avuto paura.
Freddo e inospitale, com'era all'inizio.
E i colori, il calore, il profumo, non ci sono più.
Tanto ci avevo messo a farli uscire fuori, e adesso sembra non ti abbiano mai abitato.
La voce è come respiro gelato.
E adesso mi accuccerei tra braccia amiche, che mi proteggano da tutta questa ombra.

Ho combattuto spogliandomi dalle armi che non volevo usare, contro di te.
Ho sempre rifiutato d'armarmi, in generale.
E anche se impugnassi strumenti di difesa, il mio impaccio andrebbe del tutto a mio danno.

Non mi so difendere, è questa la verità.
Non mi dovrei difendere, questa è un'altra verità.
Spero sempre che la pelle s'inspessisca da sé, si faccia più dura senza per questo togliermi la sensibilità alle cose, ma ancora così non è.

Ho ancora paura di te.

Piove

... più che una perturbazione, un deperimento,
una situazione di sgonfiamento e di perdita dei condotti
situazioni che scivolano, alcune si perdono.

E quell'aria di umido, di fresco,
il bagnato sulla pelle
la risposta del terreno
le gocce che si aprono a contatto con l'asfalto
che rimbalzano sui petali dei fiori

Piove, non è una risposta.
E' uno stato di rilascio dell'umore.
E' un sistema di riequilibrio del mondo.
E' una lezione.

Dovemmo piovere tutti, ogni tanto.

lunedì 3 ottobre 2011

Monday


Continua a protrarsi questa nuova stagione dell'indefinibile.
E io continuo a vivere situazioni di tutti i generi, dalle più piacevoli alle meno gradite, a dispetto dell'ora del giorno o della data sul calendario. Conferme e disconferme sul mio taccuino degli appunti da ordinare, riprendendo pensieri da qui e da lì, ascoltando opinioni, tenendomene da conto alcune mie e altre da cambiare.

Di sicuro è un'immensa stagione. Concentrata, densa. Sta cambiando tutto e tutto mi sta cambiando.
Era quello che volevo, in fin dei conti, non sono affatto sorpresa. Di certo non m'aspettavo questo tacatà esperenziale che sta valicando anche livelli di vita inaspettati, amici, nuove e vecchie relazioni, allargamenti e restringimenti di campo... ma insomma, qualche livido non ha mai fatto male a nessuno. E io i veri dolori l'ho già provati, quindi questa è solo polvere sulle spalle, e tanta confusione al momento che si dissiperà domani.

Sto smontando tutto. Con i cacciaviti e con le mani. E quello che non sto smontando io, si smonta da solo, crolla dalle pareti. Mi sembra veramente il tempo di muta, di espulsione del residuo.

Rimarrà in piedi ciò che deve. Ciò che può.


Uscirà una me con una pelle molto più dura, da qui.


giovedì 29 settembre 2011

Beato Me


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Alcuni testi di Giuseppe Dente, mi fanno veramente impazzire. 

Sono amari, ma vengono comunque sollevati da questa vena d'ironia che poi ti fa pensare: "Massì, tutto va bene anche così". Non si nega il senso di mancanza, ma viene sempre volto al senso pieno delle cose... come soffiare nei palloncini... c'è solo aria dentro, ma gonfi sono sempre più belli. E il fiato dentro è sempre quello che c'hai messo tu.
E rivoltare le faccende per trovare il lato pieno, il buchetto da cui soffiare le cose sgonfie (a meno che non siano anche bucate) è un'attività in cui mi ritrovo affine, anche se sto imparando che forse le cose esangui, ogni tanto, vanno anche semplicemente osservate mentre se ne vanno. O mentre tornano in vita. Chi lo sa. Stare ferma, insomma. Lasciare fare al respiro del mondo.

Però poi, in effetti, Beata me.
Vado in confusione con qualche contrattempo, qualche frizione di vita, però poi mi ritrovo ad una cena con due persone che per me valgono oro, e questo basta per farmi sentire felice, piena, completa.
Sono fortunata, questo è innegabile.
Felice come i bambini a Natale, piena di regali.
Grata, direi.
Grata.

lunedì 26 settembre 2011

Rompere bicchieri

"Allora liberai una delle mie mani, presi un bicchiere e lo spostai sul bordo del tavolo.
– Cadrà – disse lui.
– Proprio così. Voglio che tu lo faccia cadere.
– Rompere un bicchiere?
Sì, rompere un bicchiere. Un gesto apparentemente semplice, ma che implicava certi terrori che non riusciremo mai a comprendere bene. Cosa c’è di sbagliato nel rompere un bicchiere di poco valore – quando a tutti è capitato di farlo nella vita?
– Rompere un bicchiere? – ripetè lui. – Perché?
– Potrei darti varie spiegazioni – risposi. - Ma, in realtà, è solo per romperlo.
– Per te?
– Ovviamente no.
Guardava il bicchiere di vetro sul bordo del tavolo – preoccupato che cadesse.
“È un rito di passaggio, come dici anche tu”, mi venne voglia di dirgli. “È ciò che è proibito. I bicchieri non si rompono di proposito. Quando entriamo in un ristorante, o anche quando siamo a casa, stiamo attenti a che i bicchieri non finiscano sul bordo del tavolo. Il nostro universo esige da noi che si faccia attenzione a che i bicchieri non cadano a terra.
Eppure - continuai a pensare - se involontariamente li rompiamo, ci accorgiamo che non era poi così tanto grave. Il cameriere dice “non ha importanza”, e a me non è mai capitato di vedere che un bicchiere rotto venisse incluso nel conto di un ristorante. Rompere bicchieri fa parte della vita, e non causiamo alcun danno a noi, al ristorante, o al prossimo.
Diedi uno spinta al tavolo. Il bicchiere ondeggiò, ma non cadde.
– Attenzione! – esclamò lui, istintivamente.
– Rompi il bicchiere – insistetti.
Rompi questo bicchiere, pensavo fra me e me, perché è un gesto simbolico. Cerca di capire che io, dentro di me, ho rotto cose ben più importanti di un bicchiere, e ne sono felice. Pensa alla tua lotta interiore e rompi questo bicchiere.
Perché i nostri genitori ci hanno insegnato a fare attenzione con i bicchieri, e con i corpi. Ci hanno insegnato che le passioni dell’infanzia sono impossibili, che non si devono allontanare gli uomini dal sacerdozio, che gli uomini non fanno miracoli, e che nessuno parte per un viaggio senza conoscere la meta.
Rompi questo bicchiere, ti prego – e liberaci da tutti questi maledetti concetti, da questa mania che tutto si deve spiegare e che si deve fare solo quello che gli altri approvano.
– Rompi questo bicchiere – lo pregai ancora una volta.
Fissò i suoi occhi nei miei. Poi, lentamente, fece scivolare la mano sul ripiano del tavolo, fino a sfiorare il bicchiere. Con un movimento rapido, lo fece cadere a terra.
Il rumore del vetro che andava in frantumi attirò l’attenzione di tutti. Invece di dissimulare il gesto con una richiesta di scuse, lui mi guardava sorridendo – e io ricambiavo il suo sorriso.
– Non ha importanza – esclamò il giovane che serviva ai tavoli."


Paulo Cohelo, "Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto"


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Ho sempre tenuto in grande considerazione questo passo.
Lo lessi 7 /8 (Mah... per me le date sono sempre un dilemma...) anni fa, allora per me fu una rivelazione.
Tutto era di cristallo, intorno a me. Questo scritto innescò una reazione devastante di lucida e implacabile distruzione di bicchieri. Niente che non fosse quanto meno resistente sarebbe sopravvissuto.
Ho operato una strage consapevole di tutto quello che di instabile e sottile orpello mi legasse mani, gambe e azioni, impedendomi ogni cosa, costringendomi all'immobilità circostanziale.

E' rimasto poi in piedi ciò che doveva.
E nello spazio fatto ho incominciato finalmente a guardare verso le direzioni in cui volevo andare, e ci sono andata.

Adesso ho invece rotto degli equilibri con inconsapevolezza
e il senso di colpa è arrivato immediato.
Ma poi se fossero stati "equilibri", si sarebbero spezzati con tanta fretta?

A volte capitano cose che proprio non t'aspettavi, e tutta l'immagine del tuo mondo cambia.
Nell'assoluto caos di questo periodo,
credo che dovrò riordinare il piano bar.

venerdì 23 settembre 2011

Saturno contro tutti.

Beh insomma, questa è una settimana che lascia un po' perplessi tutti.
Cioè, io allargo la cerchia perché, a parlarne, chi mi risponde mi risponde, mi descrive strane apocalissi cosmiche al lato della propria strada, così, che ci inciampi sopra, neanche te ne accorgi e bam, stai per terra tutto arrotolato e non te n'eri manco accorto.
Ci dev'essere proprio una strana energia astrale del disturbo... ho sentito qualcuno parlare di pioggia di meteoriti... sarà quello? Gli UFO arrivano a civilizzarci? O solo ad usarci come Tamagochi?
Mi piacerebbe fare la lista degli accaduti ma ogni giorno ne sono venute fuori così tante che non saprei da dove cominciare. Fattostà che oggi ho pure risposto brusca a mio padre e ci siamo rimasti visibilmente male entrambi, che non ci siamo più abituati. Mi toccherà fargli una buona cena, per farmi perdonare.

E pure l'umore mi cambia come niente. Cataloghiamolo anche come sindrome premestruale, però... ci mancava veramente solo quella...! Dalla calma zen alla lacrimuccia con musetto in mezzo secondo... no Pà, gli sfasamenti ormonali non ti fanno bene.

La cosa divertente è che il bilancio delle cose è anche positivo. Cioè... come percorso ad ostacoli è andato mica male. Al massimo qualche penalità, ma sono rimasta in groppa con una certa capacità di manovra. Solo che è venerdì e sono stravolta, e se domani non dovessi ancora lavorare, partirei per una piccola meta isolata e sparirei da questa piccola faccia di terra fino a lunedì.

Meteoriti, Saturno o Strega delle Lande, non vi temo. Però c'ho bisogno di un riposino.


Comunque, come dice Perelun,
"L'autunno non poteva che iniziare così"

giovedì 22 settembre 2011

Casa


Parola dal potere evocativo devastante.
Rifletterci su.
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"Vieni a casa" è la cosa più bella ed emozionante che, in un momento della mia vita, mi sono sentita dire. E l'avevo dimenticato.
"Casa" è dove ti senti al sicuro.

lunedì 19 settembre 2011

Per fare tutto ci vuole un fiore


Ricordo che quando ho visto questa roccia, una pietra considerata sacra, in Irlanda, ho provato un senso di pace. 
Sarà che la sua collocazione, in un minuscolo piazzale a cui s'accede dall'interno di un parco naturale, con fiori coloratissimi attorno e alberi dal verde accecante che la proteggono, ti da proprio un senso di serena pacatezza, di immobile tempo, o, a dirsivoglia, di lentissimo e innocuo scorrere delle cose, al cospetto di una pietra incisa più di mille anni prima, e rimasta li apposta per farti meravigliare della sua longeva resistenza.

Su questa pietra verticale è inciso, in scrittura Oghamica, il nome di un leggendario condottiero irlandese. E' tutto quello di cui l'apparato informativo turistico ti istruisce, il resto è suggestione.

E io a suggestione non scherzo.

Ho pur intravisto i segni oghamici nella roccia, ma non l'ho trovati tanto interessanti quanto la presenza di fiori adagiati alla base di questa pietra verticale. Magari l'avevano lasciati altri turisti, magari bimbi, ma la mia natura rivolta sempre alla lettura del mistico mi ha suggerito un'idea diversa, quale fosse un dono di persone che coltivassero un culto particolare per quella roccia, così antica e così maestosa, portatrice di un messaggio nei secoli.

Nelle pieghe della pietra era stata infilata questa margherita, ancora fresca.
Ho immaginato ce l'avessero spinta dentro con le dita, una deduzione semplice.

Eppure, evitando letture logiche,
quest'immagine mi ha portato proprio a pensare un'altra dimensione,
fatta di peso e leggerezza,
durezza e gentilezza,
grigiore e colore,
matericità e morbidezza,
antichità e giovinezza,
malinconia e splendore.

La margherita, con la sua delicatezza,
stava riuscendo a spaccare la roccia.

Perché per fare tutto
ci vuole un fiore.

sabato 17 settembre 2011

Esteticamente

Più cresco e più riconosco in me una tendenza terribilmente estetica al vivere le cose.

Sarà anche che una giornata passata per 14 ore in una saletta antepalco di un auditorium (praticamente come essere nascosti in una cripta), può rendere emozionabile chiunque a qualsiasi elemento esterno, ma il piacere che ieri sera ho provato nel godermi uno spettacolo di artisti circensi in una piazza gustandomi varie annate di Valpolicella Superiore, è indescrivibile.

Aria, musica, gusto e suggestione visiva. E io ero in pace.

sabato 10 settembre 2011

Cambio di vista


"Perdono"
=
"Per" "Dono"


a) Il Perdono, concessione di magnanimità, per la gente bene quasi un dovere, per la civiltà un atteggiamento di progresso e di redenzione, mai senza avere qualcosa indietro, mai.

Il Perdono, che pone sempre 
qualcuno sopra - chi perdona - 
e qualcuno sotto - chi viene perdonato.

b) "Per""Dono". Non ti concedo, ma ti "dono" me stessa nonostante il torto, l'orgoglio, la ferita, l'offesa. Se mi hai sovrastato ferendomi, e ti sei posto sopra di me, io ristabilisco l'equilibrio, riprendendomi il mio posto,

accanto al tuo - non sopra, nè sotto -, 
e porgendoti la mano. 

Ti lascio anche la libertà, come in ogni dono è prevista, di accettare o rifiutare. 
- O ancora, di farmi di nuovo del male. -

Cambio di vista.

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(ma quanto mi sto ri-citando?)

venerdì 9 settembre 2011

"La bellezza ci salverà"

Sottotitolo: "Chi pensa male, avvelena anche te"

"
Ti racconto una storia.
Avevo deciso di cominciare il Cammino da Pamplona, storica città della Navarra, ansioso di ripercorrere, anche se soltanto per poco tempo, gli entusiasmi e gli stupori di uno scrittore a me caro, Hemingway, strettamente legato alle sensazioni antiche evocate dalla Plaza del Castillo ed eternamente emozionato dai festeggiamenti di San Firmino. Ho nutrito la mia fantasia per una notte intera, passeggiando per i vicoli della città, in mano una cerveza, immaginando tori inseguire folle di persone e fiumi di Tempranillo scorrere ovunque ai lati delle strade.
All'indomani ho cominciato a pedalare, di mattina presto, e (come sai) dopo pochi chilometri, ho forato la ruota anteriore della mia bicicletta.
Mi trovavo in un borgo appena fuori pamplona, 20 minuti di bici, almeno un'ora a piedi.
Mi sono reso conto della foratura appena fuori una Farmacia.
Entro dentro a chiedere notizie di un meccanico nei paraggi.
Mi accoglie un uomo piuttosto alto, in camice bianco, dall'aria insofferente.
Alla mia domanda formulata in uno spagnolo improvvisato lui risponde con scontrosità, sostenendo che nei paraggi non avrei trovato alcun meccanico ne qualcuno in grado di aiutarmi. Egli suggeriva di tornare indietro a Pamplona, spingendo la bici, e chiedere aiuto in città.
Esco dalla farmacia, privato di ogni speranza di risolvere il problema in tempi brevi.
Oggi rifletto su quanto l'influenza negativa di alcune persone possa compromettere l'attività di pensiero.
In ogni caso, comincio a spingere la bicicletta, in direzione Pamplona.
Poco dopo, incontro per strada un pellegrino italiano.
Prova a confortarmi con una battuta, vedendomi visibilmente spossato per l'imprevisto, che stavo affrontando con evidente impaccio.
Gli racconto di aver provato a chiedere aiuto, ma senza successo.
Riflettendo sulle dimensioni del Borgo, al pellegrino era sembrato strano che non ci fosse nessuno in grado di aiutarmi; mi suggerisce, dunque, di chiedere aiuto in un bar, poco piu giu lungo la strada che stavo percorrendo.
Sai, la vita mi ha dato un insegnamento sbagliato; risolvere i problemi da solo, senza chiedere aiuto mai.
Io sono il tipico maschio che non si ferma a chiedere indicazioni stradali quando si perde.
In quel momento, il mio animo era gia sconfitto, sapevo di dover tornare indietro a Pamplona, spingendo la bici, sotto il sole cocente e che non ci sarebbero state altre alternative.
Tuttavia, contravvenendo alla mia convinzione, mi fermo un momento in quel bar a chiedere aiuto.
Un ragazzo li mi ha indicato un negozio che vendeva biciclette, poco distante.
Raggiunto il negozio, il proprietario, Mr. Fernandez, mi ha sostituito entrambe le camere d'aria e i copertoni, con una gentilezza dimenticata ed una perizia degna degli artigiani di una volta.
Soddisfatto e felice, mi rimetto in sella e, poco dopo, ripasso davanti alla Farmacia.
Decido di entrare a dirne quattro al farmacista antipatico.
Entro e davanti a me si para una anziana signora in camice bianco, sorridente.
Le chiedo di chiamarmi il suo collega, quello che mi aveva fornito informazioni poco prima.
"Ragazzo" - mi risponde - "questa è la mia farmacia da 40 anni, e da 40 anni ci lavoro da sola, non c'è nessun altro qui"
"

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"Bene", pensavo oggi, rileggendo questo racconto, un racconto vero, di un viaggio importante, fatto in un momento importante della vita di una persona che è sicuramente in ricerca, e che ha voluto condividere con me questo suo frammento d'esperienza.
Perché poi non è che devi trovare tanti maestri che ti raccontino come vanno le cose, o credere in dottrine soprannaturali che ti insegnino qual'è il comportamento da seguire, per capire.

Ci sono cose che fanno bene e cose che fanno male. E un'energia esterna e un'energia interna.

Le cose che fanno male ti rendono debole, sempre.
La delusione di una situazione andata differentemente da come volevi nonostante tutti i tuoi sforzi, crea un difetto di sistema, nel panorama delle aspettative. Nessuno di noi si augura di avere contrattempi nella vita, ma siamo in un sistema dinamico, piccoli o grandi incidenti possono capitare, sono all'ordine del giorno. Poi ognuno ha la sua soglia di tolleranza, c'è chi ce l'ha alta e chi l'ha bassa. E quando questa soglia viene valicata, ecco che il nostro ordine personale salta, e noi con lui.
Allora il meccanismo di difesa più valido che interviene è quello della Legge di Murphy, ma senza autoironia.
Percepire il mondo come una dimensione di dolore e amarezza dove tutto tende ad andar peggio, e tutti gli altri sono nemici pronti a nuocerti e da cui difendersi, ti renderà fragile sempre. E convincerti di una prospettiva, generale o temporale, tendente neanche alla stasi, ma addirittura alla privazione, significa solo che ti sei concentrato su tutte le cose che ti hanno deluso solo per averne (l'apparente) controllo, ma non per imparare a superarle. E di vantaggio personale acquisti solo l'immobilità con cui di certo non accadrà nulla di negativo, forse, ma neanche niente di positivo, che possa mettere in dubbio la tua visione delle cose al riguardo.

Il meccanismo di difesa che porta al disfattismo, per cui non sei in grado di generare in te un pensiero che possa prevedere un miglioramento, è una perversione a cui nessuno dovrebbe sottostare.

E' una specie di reato contro se stessi.

E quando commetti un reato, sei colpevole. Quando lo fai con te stesso, sei spacciato.

Ci vuole forza per credere nei cambiamenti, ma la stessa crea un circolo virtuoso che te ne da altrettanta per renderli reali. E non serve a niente arrendersi al primo tentativo, perché molte potrebbero essere le disfatte. E tanto per ricordare tutto quello che c'è, ci mettiamo anche dentro regole di marketing che ti dicono "Quando una strada non porta risultati, cambia strategia". Non cambiare obiettivo. O perlomeno chiediti se quello è l'obiettivo giusto. Ma quando la meta sei tu, non puoi avere dubbi.

Me lo scrivo per me, e lo scrivo per chi c'è.
Perché ci vuole un po' di coraggio, e un pizzico di magia sempre in tasca - o nelle farmacie.

E lontani da me coloro che si autoinfliggono punizioni e per questo pensano di essere in diritto di infliggerne anche a me.

Benvenuto, nuovo. Benvenuta, bellezza.

mercoledì 7 settembre 2011

Quando le cose fanno male

.. è perché è finita la pelle a difesa del proprio nucleo, e la carne ormai è al vivo, al riparo da niente.
E la pelle te la sei strappata da sola, strato per strato, nel tentativo disperato di trattenere qualcosa che scivolava nel vuoto.

A volte sembra proprio necessario, perdere tutto. E le mani scorticate a ricordarti che tutta la tua forza non è bastata.

Bisognerebbe riconoscere la rovina e accettarne l'ineluttibilità da subito, ma qual'è il confine tra accettazione e arrendevolezza? E quando continuare a lottare è solo sintomo di stupidità invece che coraggio?

Ma insomma, alla fine ti trovi senza pelle e senza energie per difenderti da qualunque cosa, e tutto arreca dolore.
E allora ti toccherà accogliere anche quello, finché ti scivolerà addosso, o, trasformato, ti renderà nuova.


 

domenica 4 settembre 2011

L'indecenza dei No



Mia madre era una donna dolce e disponibile, non era facile che dicesse di no.
E per quanto quest'immagine ti rimanga piacevole e morbida, come una carezza, nella memoria - la memoria di una madre, come dovrebbe essere, come ce l'hanno insegnata - so che rimane uno dei più grandi tradimenti della mia educazione alla crescita.

Il No è indecente, è una cattiveria. Cosa ti costa? "Perché no?"
Cosa puoi fare per non dire un no, dicendo un si che a volte - a volte molte - è comunque un no a te stesso/a?

Eppure quell'espressione di mamma che, nonostante si facesse in quattro per soddisfare le richieste di tutti, rimaneva contenta e felice di aver accontentato, di essere stata utile, di aver agito per qualcuno, mi rimane nella testa come un autoritratto proattivo, una destinazione aspirata e disperata, una promessa di in/felicità.
Mi riconosco molte volte in un ricordo che sarò...

... ma di mia madre ricordo anche la disperazione quando la sua capacità di rendere felici gli altri non aveva più la stessa efficacia, perché la sua affinità con il mondo altrui si distanziava e lei non era in grado di comprendere perché. Quando le cercavo di far capire che si era talmente dedicata alla felicità altrui che era ora che tornasse alla sua, per avere il contatto con la realtà che le serviva. Perché bisogna partire da sé, per sapere dove arrivare, altrimenti non avrai le radici adatte a sostenerti nelle direzioni che indovini, o che vuoi percorrere.

Eppure di no te ne senti dire tanti, nella vita. E tanto ti sei impegnata a nascondere i tuoi nelle tasche, tanto più sentirai quanto pesano le chiusure degli altri. Allora impari a non chiedere.

E' difficile resistere all'educazione del "No al no".
Quant'era bella mia madre nella sua accoglienza?
E' alla bellezza che s'aspira, nell'esempio.
Ma quella bellezza ha avuto un prezzo difficile da pagare, che infatti è stato assolto nel peggiore dei modi.

Bisogna trovare la giusta distanza tra il proprio mondo e il mondo degli altri, per corrispondersi.
Bisogna ascoltarsi, rispettarsi. Sapere dove arrivano i propri limiti.
E non oltrepassarli se non quando si hanno gli strumenti adatti.
Essere buoni con se stessi, almeno quanto lo si è con gli altri.
Dire di sì anche a se stessi.

martedì 30 agosto 2011

Amore, amore, amore serve.


(riposto dal vecchio blog, perché mi va...)

"
"... mica filo spinato ..."
I. Fossati

Ritrovi, ritorni, rinnovi.
E' bello è sempre uguale anche se è tutto diverso.

Le persone le mani gli abbracci. I sentimenti infiniti in cui ti perdi senza spaventarti.
Il bene voluto, il bene dato e tornato. Un ciclo di stagioni che ti restituisce nuova e antica, riscoperta all'indietro, ripercorsa a ritroso, avanti, però, un po' più avanti.

Le mani come pietre, sentimenti come venti.
Tanta acqua e vino per festeggiare le cose vere, le cose serie.

Non ho perso non ho vinto. Ogni cosa passata tra le dita è rimasta sedimentata, cristallizzata eppure viva.

Tu sei già rapito da un fiume che scorre via veloce, e tutti i corsi d'acqua che frequenterò ti porteranno sempre più lontano da me e dalle mie ferite.

Amicizia come cura. Amore come balsamo.
Acqua che lava, che strappa, che riempie.

Amore, Amore, Amore serve.

"

lunedì 29 agosto 2011

Please TOUCH! Vita di una trottola.

Ero in Irlanda, anche qui, ma questo post non riguarda l'Irlanda.
Era un centro di sviluppo delle arti e dell'artigianato, a Kilkenny, e questo invito a non lasciare inermi questi oggetti nati per esser fatti roteare, era lì, discreto e solitario, lasciato alla scia del caso e dei tragitti degli avventori.

E' un po' controtendenza. "Please, touch" concede un'apertura e un patto di fiducia, e un assunto che non può essere contraddetto in nessun modo: "Che esiste a fare, questa cosa, se non può essere toccata?"

Fiducia significa responsabilità. Fi-darsi e essere abili nel rispondere a ciò che ci viene concesso gratuitamente, senza condizionali. Cioè, non è che c'era scritto "prego, toccare senza rompere", o, "usare nel modo corretto". L'oggetto era offerto alla libera sperimentazione della sua funzione e abilità, con tutti i rischi annessi e connessi al libero tocco: maldestrìa, incomprensione, scarso rispetto, o qualsiasi dinamica incidentale.

Eppure, un campo aperto alla potenzialità del qualsiasi, anche dell'errore, concede un così ampio respiro che ti viene da comprare l'etichetta, più che la trottolina di legno. Perché io con la trottolina ci posso giocare, vero, ma con "please touch" ci posso respirare, posso sentirmi libera di fare, degna di fiducia, libera anche di sbagliare.

E noi, poi, che ci stiamo a fare se non ci facciamo toccare? Si indossano tante armature per cosa? E poi, tanto, siamo noi i primi a volere che qualcuno ci sperimenti, scopra le nostre funzionalità e limiti, capisca con noi quanti versi abbiamo per "trottolare". Che ci si faccia funzionare.
Non siamo certo soprammobili destinati a stare da una parte a prender polvere, non noi.
Quindi, avanti, "please, touch!"... fateci trottolare.

mercoledì 24 agosto 2011

Bolle di sapone e castelli in aria - il mio patto di belligeranza per il futuro prossimo



L'estate sta finendo, oppure sarà lei a finire noi..(..?)

I 38-40 gradi del giorno non aiutano la testa a rimanere in equilibrio, quindi sto facendo molta fatica a rimanere sobria. No, no, che s'è capito, non è che bevo per non sentire il caldo (oddio, mo' che ci penso, potrebbe essere una soluzione), ma la ridotta sopportazione degli stimoli esterni mi porta pensieri inquieti e scollegati.

Allora m'immagino scenari forse prevedibili, storie ripetute, copioni scontati, già avvenuti... e questa sensazione del ritorno ciclico degli eventi mi crea una certa nausea, che col caldo non si sposa bene.

Allora faccio uno sforzo e mi concentro su questo Settembre che arriva, e su quei progetti che è ora che rimetta sui miei binari.

Devo completare la tesi, ormai al 90% scritta, e sottoporla alla valutazione della docente. Sono soddisfatta di molte sue parti, e spero proprio che questo sentimento pervada anche la relatrice... devo ammettere e riconoscere la mia insicurezza cosmica, visto che fin'ora non le ho fatto leggere neanche mezza riga, neanche dell'introduzione, neanche il titolo del primo paragrafo del primo capitolo. :) L'avrà tutta insieme e con poco diritto di replica. La mia unica difesa è che ci ho messo tanto, e tutto il mio buonsenso, che così male non dev'essere, e quindi non dovrebbe porre obiezioni su struttura e contenuto.

Devo iniziare quel progetto di Milano. E' piuttosto complesso e articolato, in particolare allo startup. Devo spogliarmi di un po' di perfezionismo e armarmi di molta autostima, e varare questa nave. E così sia. A parte che è l'unico contratto dell'anno, per adesso, devo anche superare questo ingessamento professionale che mi ha pervaso questi mesi, tra crisi economica e crolli personali. Dai, Pà.

Ho riiniziato a scrivere e devo prenderla come una missione. A forza di farlo qualcosa di buono accadrà. Esercitare la tecnica, espormi un po' di più, collegare le cose, affrontare più scritture tecniche. Scrivere di cinema, tanto, non si sa mai.

Comincio il mio corso d'inglese di 4 mesi comprato da Groupon a 30 euro. Devo arrivare a Roma ogni volta, ma è comunque vantaggioso... non vedo l'ora.

Mi metto dietro al fotografo con cui ho lavorato quest'anno come apprendista. Al via anche il perfezionamento della mia tecnica fotografica.

E vado finalmente a offrirmi come schiavetta non pagata in produzione cinematografica. E' anche ora che tocchi con mano quello che voglio che sia il mio lavoro, domani.

Voglio una storia per la testa. Anzi due. Anzi, di più. Perché voglio ricominciare anche a fare la regista, usare la videocamera e dirigere cortometraggi. Scrivere sceneggiature e girare storie, meglio se sulle bolle di sapone e sui castelli in aria, che sono le uniche cose per cui mi va sul serio di guardare a domani.

Partenza...? :)

lunedì 22 agosto 2011

Cieli d'Irlanda - VI - God save the Ireland, said the heroes


Forse questo sarà l'ultimo dei post dedicati al mio viaggio irlandese... anche perché, passando il tempo, i ricordi si affievoliscono, e il tempo per la rielaborazione diminuisce, incalzato dalla vita di ora... che non smette di entrare da tutte le finestre, per fortuna.
Per esempio, quest'estate è piena di annunci di nuove e sperate gravidanze... che Dio benedica anche loro, oltre all'Irlanda.

Quindi, ora devo proprio parlare di musica. E' infatti un capitolo che non si può saltare, perché questa dimensione fatta di chitarre, organetti, flauti e cornamuse, è proprio onnipresente... da Dublino all'ultimo dei paesi con 10 anime della costa orientale.
La serata più bella per noi, è stata nella città di Dingle, al centro dell'omonima penisola irlandese.
Un pub come gli altri, con musica dal vivo, vicino al porto. Non l'abbiamo scelto per particolari segni esterni... i pub irlandesi sono frequenti come da noi bar e alimentari, e dall'aspetto sono tutti caratteristicamente uguali.

Piccola precisazione che per noi è stata una specie di maledizione. Entro le 21:30, che sia un ristorante, che sia un pub, in Irlanda non si mangia più. Chiudono le cucine e ciao, qualunque tipo di supplica affamata cadrà nel nulla. Credo che per gli italiani sia un bel problema.

Ma torniamo al pub di Dingle.
Alle 21:30 precise s'inizia a suonare. Un signore sorridente e rotondo, con l'organetto, accompagna un personaggio alquanto particolare, che non ho esitato a riconoscere come il cantante, visto il suo ingresso con uno strano cappello di paglia nella sala principale del pub.
La musica irlandese ha qualcosa a che fare con la musica country, quindi questo tizio impolverato e ruvido, a cui mancavano solo gli speroni agli stivali, ingannava un po' le percezioni, e a tratti sembrava di stare in un film western, però che dirgli... no di certo che non sapeva cantare. Ma non nascondo che ho cercato il cavallo legato magari da qualche parte, fuori dal pub.

Questa specie di Bob Dylan irlandese, dopo essersi arrampicato a tutti gli angoli della lignea sala per montarsi l'apparato acustico, s'è appollaiato su uno sgabello alto, con la sua chitarra e la sua voce bassa e profonda, e il suo carisma affatto scontato. Si è presentato, ha presentato la sua musica, e ha presentato noi a noi stessi, collocandoci al centro di quel mondo, esattamente dov'era lui. Chiedendoci da dove venivamo, ci ha illuminati e resi persone dove all'inizio eravamo solo ombre di un palcoscenico al quale magari avremmo aspirato e che avremmo ammirato, ma mai solcato. E invece, questo spirito acuto, ha reso tutti attori di un campo apparecchiato solo per noi, e anche da noi. Ci vuol poco per rendere una serata diversa. Basta essere generosi.
Grazie a questo show man gaelico, abbiamo scoperto che eravamo, attorno a lui, un bel gruppo di: italiani, irlandesi, canadesi, americani e olandesi. Un bel mix di genti, venute da vicino e da lontano, che alla fine cantava tutti insieme. Non era importante sapere le parole, al secondo ritornello le avevi apprese. Importante era partecipare. Bere e partecipare. E io non mi sono veramente fatta mancare niente.

Caratteristica di queste serate sonanti, tra l'altro, è che i musicisti invitano coloro che sappiano suonare, ballare o cantare, a farlo insieme a loro. Così, un organettista della contea di Cork si è esibito in una splendida, e anche abbastanza agonistica, folk session con il mio chitarrista con gli speroni. Una ragazzina di Kilkenny, Fiona, ha ballato in mezzo alla sala la loro danza tradizionale. Una ragazza sottile ed elegante ha cantato con voce chiara uno dei pezzi tradizionali d'Irlanda.
Sembra che non ci sia una persona, su quell'isola, che non sappia far musica, o che non abbia almeno una capacità attinente ad essa... ed è facile capire come queste persone abbiano una dimensione comunitaria e folk così spiccata...



La fine della serata è giunta presto, ma con molta soddisfazione abbiamo lasciato quel luogo. Dingle non è affatto una delle più belle città dell'Irlanda, ma ci ha regalato la più bella esperienza musicale della vacanza.
Ma non c'è un posto che non sia accompagnato almeno da una chitarra o un'armonica. E quella musica che ti entra nella testa, la ritrovi nei momenti più impensati... sulle scogliere come sulle colline rocciose dell'entroterra. Ogni cosa è così legata all'altra, che il tutt'uno irlandese si riconosce in ogni sfumatura e colore, dal verde dei prati all'oro del malto, dal nero delle rocce al blu del cielo. Dall'odore di erba bagnata, al fraseggio di un'armonica.
E tutto sembra parlare la medesima lingua.

Che Dio salvi l'Irlanda... dico anch'io.

giovedì 18 agosto 2011

Cieli d'Irlanda - V - Capi chinati all'eterno




Le chiese senza tetto sono una costante in Irlanda.
Ogni tetto di chiesa di pietra è crollato, lasciando mura aperte a consolarsi col cielo e con i suoi umori.

Ho pensato fosse a causa dell'ingente peso, il motivo per cui nessuno di questi tetti è sopravvissuto al tempo. Le chiese ristrutturate presentano tutte tetti di legno, sicuramente più leggeri e duraturi della pietra, solida ma destinata a soccombere alla legge di gravità, pagando il pegno della massa.

L'immagine che offre questa mancanza di copertura, mi è sembrata essere di un particolare patto con la natura divina, come se la struttura si fosse chinata all'aspirazione sacra, rinunciando al cappello per rimanere in ascolto delle Volontà delle forze più alte.

Ed è la restituzione dello spazio alla natura. Perché un luogo sacro senza tetto diventa inabitabile per l'uomo, ma luogo ideale per ogni altra presenza appartenente al resto dei mondi.
E allora mi viene in mente quanto l'ottusità sia caratteristica dell'essere vivente e sapiente (...!), tanto limite e tanto virtù, e di lui solamente.
Se abbiamo bisogno dei tetti, per sopravvivere, altrettanta necessità abbiamo di scudi e preconcetti per difenderci dalla minacciosità del tutto.
Indispensabili, dunque.
Ma come queste chiese, credo sia importante che i nostri scudi siano di materiale leggero e flessibile, altrimenti sono destinati a soccombere al proprio peso e alla propria rigidità, lasciandoci senza difese alle forze dei venti. E allo stesso tempo penso che sia altrettanto fondamentale creare un canale di comunicazione con l'e(s)terno, in modo che ci continui ad alimentare, arricchire e consolare, invece che distruggerci.


Sotto la porta di quella cattedrale senza testa, ho ammirato la bellezza del marmo delle volte di quell'apertura. Non so che senso abbia una porta, in una costruzione dalle pareti crollate, e forse è proprio questa contraddizione che ne aumenta il fascino, ma tant'è che l'entrata è sopravvissuta, nella sua bellezza e perfezione. E' rimasto tutto ciò che era più vicino alla terra.

Ho pensato che, male che possa andare, anche a me piacerebbe rimanere in piedi come la cattedrale di Clonmacnoise, in tutta la mia capienza, rischiando pur di perdere la testa, se mai diventasse troppo pesante, ma conservando per sempre l'energia che mi anima.

mercoledì 17 agosto 2011

Cieli d'Irlanda - IV - Occhi

Gli occhi degli irlandesi sono come il loro cielo: blu.
E neanche un blu semplice. Un blu complesso, fatto di striature e punti di azzurro diversi, solcato da infiniti e invisibili cerchi di celeste. Quello che si crea è una sorta di celeste rotondo, una specie di universo dell'azzurro.
Sorridono, i loro occhi, socchiudendo e stirando un po' le palpebre, come quando c'è troppo sole e l'occhio si chiude quel tanto che basta per ripararsi dalla luce in eccesso.

Il loro aspetto è sottile e gioviale. Io mi aspettavo più discendenti dai rinomati vichinghi che per anni hanno saccheggiato quelle terre per poi stabilirvisi definitivamente, e mischiarsi con la sua gente, ma la statura di questi uomini è ancora abbastanza piccolina, rispetto ai loro discendenti nordici, che però gli hanno sicuramente lasciato in eredità il tono rosso rame dei capelli, e la pelle diafana e lentigginosa.

I più anziani di loro hanno dipinte sul viso delle espressioni secolari, come tutti i vecchi del mondo, ma la pelle, sottile e delicata, crea uno strato di rughe numerose e finissime, come fogli di cartapesta.
Un signore che avrà avuto tutti gli anni dell'isola, incontrato al centro della desolazione del Gap of Dunloe che taglia in due la penisola del Kerry da costa a costa in mezzo alle montagne, aveva un inaspettato aspetto da golfista inglese, ma il suo viso sarebbe stato degno dei migliori book fotografici di ritratto, con tutte le bellissime tracce del tempo su quel viso sorridente e la voce affaticata dagli anni, ma non certo dalla vita.

L'idea di essere di fronte ad un esemplare di Hobbit mi ha sfiorata ogni qual volta parlassi con uno di loro, con quel viso grande, gli occhi enormi come mondi spalancati, e anche la tendenza al sorriso, la musica e la birra spalleggiava e rafforzava questa mia impressione.

Tra me e loro dev'essere scattato proprio un amore sconfinato, perché molti irlandesi mi toccavano, se avevano la possibilità. Nessun tocco di seduzione, era solo necessità di contatto. Signore e signori che, parlandomi un po', ad un certo punto mi davano una carezza, o un semplice buffetto sulle spalle. Ero l'unica del gruppo ad avere questo trattamento. A dire il  vero, anche a me sarebbe piaciuto accarezzare i loro sorrisi amichevoli e gioviali, ma alla fine mi sono limitata. Di certo è più facile per loro sfiorare una ragazza che per età e aspetto potrebbe essere una loro figlia, piuttosto che il contrario. Io mi sono goduta quei tocchi della benedizione, e ho suggellato privatamente la mia amicizia con gli abitanti di quel paese verde.

Ovviamente non ho foto di questi volti che descrivo. Per discrezione li ho lasciati rapire solo dalla mia memoria. Mi sembrava una questione di sincerità. Loro mi svelavano i loro segreti attraverso gli occhi, e io mi limitavo ad affacciarmi e guardare, come i loro cieli ti lasciano fare.

domenica 14 agosto 2011

Cieli d'Irlanda - III - Spazio


"E poi un concetto di spazio che avevo dimenticato.
Tanto spazio.
Che se ti senti stretto nella tua vita, ci dovresti proprio andare in Irlanda, solo per sederti di fronte a tutto quello spazio e metterti comodo. Apparecchiarti, così, con tutte le tue cose intorno, confonderle nel panorama, e, alcune di esse, lasciarle pure lì, che tanto sono solo di peso.
E poi tornartene a casa con quello spazio nella testa."

Questo è quello che scrivevo oggi ad un amico... parlando dell'esperienza irlandese. E devo dire che ci sono proprio rimasta fissata con l'idea dello spazio, che è da quando sono tornata che non faccio altro che parlarne.

E' che è realmente impressionante tutto lo spazio che hai intorno, in Irlanda.
Immensi panorami di pieno naturale. Che sia roccia, terra, mare, vegetazione o cielo, l'Irlanda è priva di ostacoli alla vista, al respiro, regalandoti una sensazione di pienezza e libertà che difficilmente ti trova spiazzato, come se fossi tornato ad un'idea atavica di mondo, un'impressione sempre posseduta di dimensione umana e naturale.
E quella dimensione di cielo che cambia in continuazione ti da come l'impressione che quel mondo respiri con te, abbia un umore, una personalità, che sia partecipe e che ti renda partecipe al suo mutamento che è sempre percepibile, e quindi sincero.

E' difficile tornare a casa, con tutti questi muri, con tutti questi oggetti intorno, con tutte le cose accumulate che non hanno un gran senso, ripensando al pranzo apparecchiato su un maxi pietrone piatto trovato per strada e ai dieci minuti di pace rubati sdraiata sul ciglio di una scogliera, dove il cielo è più vicino e i desideri anche.


Chiudo gli occhi e sono di nuovo lì, tra acqua, terra e cielo. A leggere i disegni del vento... a farmi spazio dentro.

sabato 13 agosto 2011

Cieli d'Irlanda - II - Anime antiche


Bru na Boinne.



Sito archeologico ad una 60ina di Km da Dublino, verso cui dirigersi senza alcun dubbio, per un'incredibile visita alle origini dell'umanità di quell'isola.
La forza della fede nelle energie della natura, della morte e delle stelle ha sempre lasciato le tracce più imponenti e impressionanti, nei secoli dei secoli, e, in questo caso, nei millenni.
I siti di Bru Na Boinne sono 3, di cui due visitabili. New Grange sembra la perfetta pista d'atterraggio di un immenso UFO approdato lì 6000 anni fa, Knowth è impregnata di un'atmosfera sacra e insieme naturale, come se le due dimensioni si fossero perfettamente fuse nei millenni.
Gli enormi tumuli di roccia e terra costruiti ospitano dei corridoi funerari minuscoli e stretti, alla fine dei quali erano riposte le spoglie cremate dei morti che avevano avuto l'onore di esservi seppelliti. Tutti'intorno ai tumuli, pietre di quarzo portate in voto da siti anche molto lontani, e enormi pietre perimetrali, ognuna con inciso un motivo diverso, di carattere figurativo o geometrico. Tante spirali, e motivi ondulatori, a raffigurare la ciclicità delle stagioni, dei pianeti, della vita e della morte.
Quando si è di fronte a tanta grandezza, e di quale durata, non ci si può che sentire briciola, piuma nel vento del tempo del mondo. Ed è impressionante toccare i solchi delle figure impresse nella roccia, quasi a sfiorare le mani preistoriche di coloro che l'hanno incise.
Il tempo è solo un velo.

Cieli d'Irlanda - I - Vento e Acqua



... e sono proprio come li raccontano.
I cieli, intendo. Perché mica ce n'è solo uno, in Irlanda. In costante movimento, quel mondo stratificato di azzurro e nuvole, vento e acqua, si scompone e si ricompone ogni attimo che passa, dipingendo e cancellando mondi interi, rovesciandoteli addosso, facendoteli respirare, lasciandoti credere che tu possa afferrarne il disegno per poi farteli danzare davanti senza sosta. 
Come mari d'aria, segnano le proprie correnti, s'infrangono, scoppiano e si disperdono.
Il sole è raro, nei cieli irlandesi, ma non ne senti troppo la mancanza, rapita come sei dallo spettacolo d'arte naturale che ti viene posto sopra il naso, orchestrato dai venti.
Sdraiata sull'erba umida del ciglio di una scogliera della costa occidentale, sono rimasta ad ascoltare il rumore del mare e a guardare il cielo d'Irlanda danzare leggero e veloce davanti ai miei occhi incantati. L'odore che sentivo era quello del verde e dell'azzurro, della terra e dell'acqua, dei trifogli e delle maree.
Tutti i miei sensi spalancati, a collezionare stati incredibili di pura forza naturale.

Un nuovo inizio


... ma un vecchio cammino.

Iniziato qui:

http://blog.libero.it/macchiedimondo

Sono molti i motivi del mio trasloco, che spaziano da oggettivi a soggettivi.

E poi i movimenti mi hanno sempre fatto sentire meglio.

Nutrirò questo nuovo posto con la me antica e rinnovata, selezionando ciò che è giusto tenere con me, e gettando quello che ora è solo di intralcio.
Inizio questo nuovo viaggio con un viaggio - la mia fresca esperienza irlandese - che mi ha ricordato quant'è importante, quanto sempre è stato, e sempre sarà, lo SPAZIO.

Bentrovati i miei amici e benvenuti i nuovi. Cin a tutti voi, e cin a me :)