martedì 27 marzo 2012

Aspettare il proprio tempo

... cercando di ascoltare meno il tempo d'altri.

Diventa un rumore insostenibile, sai, l'urgenza altrui alla tua partecipazione nella propria vita, tanto da incarnare una priorità che priorità non è.

E stasera una vita se ne va, e io sono a 150 metri di distanza da lei.
Vivere vicino ad un ospedale significa anche questo, molto spesso, ma mai così spesso conosci i volti e la voce di chi se ne va, questo si.

Visto un film sulla morte, tutto sembra associarsi come in una pagina di libro.. anche la musica di sottofondo.

Oggi è stata una giornata passata a lottare contro vari e svariati limiti.
Pazienza, capacità, credulità, volontà, autoconsiderazione, fiducia.
Di quelle giornate che lotti anche se sai che difficilmente ce la farai.
E' arrivata la sera come una consolazione, come a volte la morte.

Ho imparato cose scomode da dire, a riguardo.
Tipo che il problema è solo di chi rimane in vita.
Non c'entra niente che te ne vai a 22 anni perché non hai visto un cane di notte e sei uscito fuori di strada con la macchina. Non avrai il tempo di fare il conto di tutte le cose che avresti potuto, che avresti voluto.
Il rammarico, molto peggio della scomparsa, è in chi sopravvive alla tua assenza.

Non ti disperi mai per chi muore, ti disperi solo per te. E in questo non c'è proprio niente di sbagliato, anzi, ma è tanto per collocare le cose nel posto giusto, nelle caselle appropriate.
Perché se sai che ti stai dispiacendo solo per te stesso che nonostante tutto sei rimasto, almeno hai più di una possibilità di rimetterti a posto le cose dentro.

Rimetterti a posto le cose dentro. Darsi tempo.

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