Ricordo che quando ho visto questa roccia, una pietra considerata sacra, in Irlanda, ho provato un senso di pace.
Sarà che la sua collocazione, in un minuscolo piazzale a cui s'accede dall'interno di un parco naturale, con fiori coloratissimi attorno e alberi dal verde accecante che la proteggono, ti da proprio un senso di serena pacatezza, di immobile tempo, o, a dirsivoglia, di lentissimo e innocuo scorrere delle cose, al cospetto di una pietra incisa più di mille anni prima, e rimasta li apposta per farti meravigliare della sua longeva resistenza.
Su questa pietra verticale è inciso, in scrittura Oghamica, il nome di un leggendario condottiero irlandese. E' tutto quello di cui l'apparato informativo turistico ti istruisce, il resto è suggestione.
E io a suggestione non scherzo.
Ho pur intravisto i segni oghamici nella roccia, ma non l'ho trovati tanto interessanti quanto la presenza di fiori adagiati alla base di questa pietra verticale. Magari l'avevano lasciati altri turisti, magari bimbi, ma la mia natura rivolta sempre alla lettura del mistico mi ha suggerito un'idea diversa, quale fosse un dono di persone che coltivassero un culto particolare per quella roccia, così antica e così maestosa, portatrice di un messaggio nei secoli.
Nelle pieghe della pietra era stata infilata questa margherita, ancora fresca.
Ho immaginato ce l'avessero spinta dentro con le dita, una deduzione semplice.
Eppure, evitando letture logiche,
quest'immagine mi ha portato proprio a pensare un'altra dimensione,
fatta di peso e leggerezza,
durezza e gentilezza,
grigiore e colore,
matericità e morbidezza,
antichità e giovinezza,
malinconia e splendore.
La margherita, con la sua delicatezza,
stava riuscendo a spaccare la roccia.
Perché per fare tutto
ci vuole un fiore.
Nessun commento:
Posta un commento