Forse questo sarà l'ultimo dei post dedicati al mio viaggio irlandese... anche perché, passando il tempo, i ricordi si affievoliscono, e il tempo per la rielaborazione diminuisce, incalzato dalla vita di ora... che non smette di entrare da tutte le finestre, per fortuna.
Per esempio, quest'estate è piena di annunci di nuove e sperate gravidanze... che Dio benedica anche loro, oltre all'Irlanda.
Quindi, ora devo proprio parlare di musica. E' infatti un capitolo che non si può saltare, perché questa dimensione fatta di chitarre, organetti, flauti e cornamuse, è proprio onnipresente... da Dublino all'ultimo dei paesi con 10 anime della costa orientale.
La serata più bella per noi, è stata nella città di Dingle, al centro dell'omonima penisola irlandese.
Un pub come gli altri, con musica dal vivo, vicino al porto. Non l'abbiamo scelto per particolari segni esterni... i pub irlandesi sono frequenti come da noi bar e alimentari, e dall'aspetto sono tutti caratteristicamente uguali.
Piccola precisazione che per noi è stata una specie di maledizione. Entro le 21:30, che sia un ristorante, che sia un pub, in Irlanda non si mangia più. Chiudono le cucine e ciao, qualunque tipo di supplica affamata cadrà nel nulla. Credo che per gli italiani sia un bel problema.
Ma torniamo al pub di Dingle.
Alle 21:30 precise s'inizia a suonare. Un signore sorridente e rotondo, con l'organetto, accompagna un personaggio alquanto particolare, che non ho esitato a riconoscere come il cantante, visto il suo ingresso con uno strano cappello di paglia nella sala principale del pub.
La musica irlandese ha qualcosa a che fare con la musica country, quindi questo tizio impolverato e ruvido, a cui mancavano solo gli speroni agli stivali, ingannava un po' le percezioni, e a tratti sembrava di stare in un film western, però che dirgli... no di certo che non sapeva cantare. Ma non nascondo che ho cercato il cavallo legato magari da qualche parte, fuori dal pub.
Questa specie di Bob Dylan irlandese, dopo essersi arrampicato a tutti gli angoli della lignea sala per montarsi l'apparato acustico, s'è appollaiato su uno sgabello alto, con la sua chitarra e la sua voce bassa e profonda, e il suo carisma affatto scontato. Si è presentato, ha presentato la sua musica, e ha presentato noi a noi stessi, collocandoci al centro di quel mondo, esattamente dov'era lui. Chiedendoci da dove venivamo, ci ha illuminati e resi persone dove all'inizio eravamo solo ombre di un palcoscenico al quale magari avremmo aspirato e che avremmo ammirato, ma mai solcato. E invece, questo spirito acuto, ha reso tutti attori di un campo apparecchiato solo per noi, e anche da noi. Ci vuol poco per rendere una serata diversa. Basta essere generosi.
Grazie a questo show man gaelico, abbiamo scoperto che eravamo, attorno a lui, un bel gruppo di: italiani, irlandesi, canadesi, americani e olandesi. Un bel mix di genti, venute da vicino e da lontano, che alla fine cantava tutti insieme. Non era importante sapere le parole, al secondo ritornello le avevi apprese. Importante era partecipare. Bere e partecipare. E io non mi sono veramente fatta mancare niente.
Caratteristica di queste serate sonanti, tra l'altro, è che i musicisti invitano coloro che sappiano suonare, ballare o cantare, a farlo insieme a loro. Così, un organettista della contea di Cork si è esibito in una splendida, e anche abbastanza agonistica, folk session con il mio chitarrista con gli speroni. Una ragazzina di Kilkenny, Fiona, ha ballato in mezzo alla sala la loro danza tradizionale. Una ragazza sottile ed elegante ha cantato con voce chiara uno dei pezzi tradizionali d'Irlanda.
Sembra che non ci sia una persona, su quell'isola, che non sappia far musica, o che non abbia almeno una capacità attinente ad essa... ed è facile capire come queste persone abbiano una dimensione comunitaria e folk così spiccata...
La fine della serata è giunta presto, ma con molta soddisfazione abbiamo lasciato quel luogo. Dingle non è affatto una delle più belle città dell'Irlanda, ma ci ha regalato la più bella esperienza musicale della vacanza.
Ma non c'è un posto che non sia accompagnato almeno da una chitarra o un'armonica. E quella musica che ti entra nella testa, la ritrovi nei momenti più impensati... sulle scogliere come sulle colline rocciose dell'entroterra. Ogni cosa è così legata all'altra, che il tutt'uno irlandese si riconosce in ogni sfumatura e colore, dal verde dei prati all'oro del malto, dal nero delle rocce al blu del cielo. Dall'odore di erba bagnata, al fraseggio di un'armonica.
E tutto sembra parlare la medesima lingua.
Che Dio salvi l'Irlanda... dico anch'io.